Passa ai contenuti principali

SULLA PARTECIPAZIONE POLITICA




Ormai da diversi anni, al termine di ogni tornata elettorale, l’opinione pubblica fa i conti con il risultato del primo partito italiano: quello dell’astensione. Al netto delle teorie che conferiscono al “voto non espresso” un indubbio valore politico, è chiaro ai più che una maggiore affluenza, anche in presenza di alte percentuali di schede bianche, darebbe maggior peso al risultato elettorale oltre a far meglio comprendere la portata del sentimento di protesta nella società.

Tuttavia, l’attenzione dei politici e dell’informazione specializzata generalmente si concentra, ma solo per i giorni immediatamente successivi a quello del voto, sull’astensione dalle urne, tacendo in merito a quella ugualmente grave che riguarda l’astensione politica “extra elettorale”.

Sia chiaro, abbiamo tutti ben presente che, in alcune manifestazioni (solitamente a tema lavoro o diritti civili) o in taluni congressi di partito, si realizzano numeri di rilievo per quanto riguarda i partecipanti ma è doveroso tenere da conto che, in tali occasioni, le capacità di mobilitazione di alcuni partiti e sigle sindacali si esprime al massimo livello (comunque ben al di sotto di quanto avveniva pochi decenni orsono). Inoltre, è da considerare che generalmente chi partecipa a queste occasioni di incontro o ha un particolare interesse personale per farlo o fa parte di forze già “irreggimentate” e pronte ad essere mobilitate al bisogno.

La partecipazione che qui interessa è quella quotidiana, di “bassa intensità”, che dovrebbe riguardare tutti i cittadini e che è alla base di una sana dialettica politica; questo tipo di partecipazione è agonizzante, quasi non esiste più.

Il primo colpo, ancora non letale, è stato inferto dalla pessima politica degli ultimi trent’anni, non c’è niente di peggio, infatti, nel vedere gente “immeritevole” catapultata nelle Istituzioni per decidere del futuro di un popolo, occupato ad affrontare una sempre più complessa quotidianità. La questione morale, sia quella relativa all’etica del singolo politico sia quella legata all’occupazione delle istituzioni da parte dei partiti, con conseguente blackout nel rapporto tra istituzioni e società (preziosa l’analisi fatta, ormai più di quarant’anni fa, da Berlinguer), non è stata mai risolta in Italia o probabilmente mai seriamente affrontata.

Ma la vera mazzata alla partecipazione politica (già definita “extra elettorale”) è stata inferta, e qui tutti dobbiamo fare un esame di coscienza, dall’avvento dei social network. Si badi, questa è una convinzione personale che viaggia controcorrente; è pacifico, infatti, che le piattaforme social non solo hanno incrementato le relazioni interpersonali ma sono anche divenute nel tempo un imprescindibile strumento a supporto dell’economia, dell’informazione, dello studio e così via.

Tuttavia sappiamo altresì, che nel particolare regno delle relazioni sociali, l’avvento di questi strumenti ha portato dei cambiamenti, non approfonditi in questa sede, i cui effetti negativi intasano la cronaca nazionale. Invero, mentre buona parte dell’informazione e del mondo accademico non fanno che elogiale i social network come nuove “agorà” capaci di far veicolare di più e meglio le idee, per quanto riguarda la partecipazione politica essi producono un effetto subdolo che ai più sfugge: l’utilizzo delle piattaforme virtuali permette, in relazione agli argomenti trattati, un’interazione immediata, veloce e superficiale che tende nondimeno ad appagare l’utente, portandolo erroneamente a credere di aver contribuito al dibattito.

Il risultato, invece, è che il cittadino attivo sui social tende ad essere meno attivo “in presenza” non essendo incentivato a ricercare luoghi o occasioni per scambiare opinioni in maniera tradizionale. Senza dimenticare che i toni esasperati, ormai tipici dei commenti nei post, finiscono indubbiamente ad allontanare anziché avvicinare e rendere possibile un proficuo dibattito.

Sono lontani i tempi in cui nelle fabbriche, nelle università, nelle sedi di partito, nei dopolavoro o semplicemente presso qualche associazione culturale, veniva offerta al cittadino la possibilità di confrontarsi, costruendo una cultura politica che gli permetteva di proporre istanze consapevoli oltre fornirgli gli strumenti per meglio controllare l’operato dei “delegati a rappresentare”.

Ciò che preme mettere in evidenza in questa riflessione, lasciando ad altri le riflessioni di natura sociologica, è la necessità di creare nuovi spazi di aggregazione e confronto che siano una valida palestra per un cittadino da recuperare alla politica.

L’Associazione politica Italia Liberale Popolare, nel solco di una tradizione liberale, riformista e repubblicana, si pone come obiettivo immediato quello di coinvolgere i cittadini, con particolare riguardo alle nuove generazioni, per realizzare un confronto maturo e fertile che permetta di offrire soluzioni alle istanze che provengono dal territorio. (Luigi De Luca)


Commenti

Post popolari in questo blog

CONTRO IL DIRIGISMO TRANSUMANISTA

 L’Unione Europea, a partire dalla crisi economica globale del 2008 ha sempre fatto il possibile per farsi detestare, in Italia e in moltissime altre nazioni del continente. Occorre dire che la gestione di diverse rispettive classi dirigenti nazionali, fra incolmabili debiti pubblici e una crescita economica pari a zero, ha permesso all’Ue di manifestarsi più come una matrigna che mal sopporta i propri figliastri che come una mamma, magari severa quando serve, ma giusta nei confronti di tutti i suoi figli. Non a caso, sono poi cresciuti partiti e movimenti euroscettici in più Paesi europei, la Brexit è divenuta realtà e tutt’oggi alcuni governi nazionali, come quello ungherese e quello polacco, sono spesso in contrasto con le Istituzioni comunitarie. Del resto, Bruxelles, si direbbe, andrebbe ringraziata, con tanto di servile inchino, per i soldi del Pnrr. Intanto, è bene ricordare come il denaro del Recovery Fund non rappresenta affatto un regalo compassionevole, essendo composto, in

LA CONTROPRODUCENTE GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

  E' sempre con profonda amarezza che osservo la celebrazione di giornate come questa, accanto a tutto il carico di ipocrisia politicamente corretta che ci viene propagandata mediaticamente, tra chi si tinge il viso di rosso, cariche istituzionali che si prestano a questo giochino, dichiarazioni banali e scontate e via dolcificando l'opinione pubblica. Nel momento in cui una donna accetta di celebrare una giornata mondiale dedicata alla violenza sulle donne, crea la stessa categorizzazione di cui poi sarà vittima perchè è evidente che se si condanna la violenza soltanto verso un genere, si sta implicitamente affermando che l'altro genere non merita tutele, ottenendo come unico risultato di scatenare un focolaio di maschilismo reattivo antifemminista. Ed è attraverso la strumentalizzazione di tragedie che vedono vittima una donna e di cui è colpevole un uomo non in quanto maschio ma in quanto persona prepotente - e la prepotenza non è una caratteristica di genere ma di speci

OGGI È ATTACCO AL VINO, IERI ALLA PROPRIETÀ. E DOMANI...

  I salutisti dell’Unione europea tornano alla carica con un’altra battaglia: quella contro il vino. A fare da apripista è stata l’Irlanda, che potrà dunque applicare sugli alcolici un’etichetta con scritto “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” oppure “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. O più direttamente "il vino provoca il cancro". Secondo i dati di Alcohol Action Ireland, il consumo di alcol puro pro capite tra chi ha più di 15 anni è stato di 10,07 litri nel 2020, che corrisponde a poco meno di 40 bottiglie di vodka, 113 bottiglie di vino o 436 pinte di birra e supera del 40% il livello di consumo indicato dalle linee guida dell’agenzia governativa Health Service Executive (HSE). Quindi l'Irlanda, attraverso il silenzio assenso della Commissione Europea, con questo provvedimento, crede sul serio di combattere l'abuso di alcol? Perché i dati sopra elencati chiariscono e permettono di affermare che siamo in presenza di un eccesso di uti