Il livello di strumentalizzazione politica della sinistra italiana ha raggiunto picchi verso il basso così talmente gravi da fare indurre a una riflessione sul livello di ignoranza giovanile, intesa come disinformazione storica, nei confronti della Politica internazionale.
Premettendo che ognuno è libero di pensare e manifestare per qualunque causa si ritenga giusta, occorre avere sott’occhio due cenni storici dell’origine della terra contesa sin dalla notte dei tempi.
Una interessante spiegazione sulla città di Gaza della Prof.ssa Daniela Santus, docente del dipartimento di letteratura e lingue straniere e Cultura Moderna, dell’Università di Torino, afferma che Gaza non nasce come città palestinese o islamica. Da un punto di vista storico sappiamo che il Faraone Thutmose III, alla guida delle sue truppe, nel 1457 a.C., proprio a Gaza, sceglie di celebrare il ventitreesimo anniversario della sua ascesa al trono.
L’islam nascerà quasi 2100 anni dopo che Gaza aveva ospitato i festeggiamenti di Thutmose III, ponendosi pertanto come la terza fede monoteistica in ordine di apparizione. Perché ribadire ciò che dovrebbe essere noto a tutti? Perché molti dei nostri giovani ritengono, che l’islam sia la fede più antica, nata in Palestina. Questo crea confusione anche per la comprensione dell’attualità, inducendo a percepire gli ebrei come europei colonizzatori di terre da sempre arabe. E proprio su temi come questi si gioca la disinformazione.
Di fatto Maometto, il profeta dell’islam, ha predicato per tutta la sua vita tra La Mecca e Medina, nella penisola araba, a 3500 km da Israele. Non si è mai recato a Gerusalemme e mai ha avuto interesse nella conquista d’Israele.
Gerusalemme rappresenta da sempre il cuore della spiritualità ebraica e sebbene Gerusalemme e la Terra d’Israele abbiano subito varie dominazioni straniere e il popolo ebraico sia stato più volte, anche se mai del tutto, disperso, né la città né la terra sono mai state dimenticate. Nemmeno quando nel 132 d.C. l’Imperatore Adriano fa radere al suolo Gerusalemme e tenta di cancellarne ogni ricordo a partire dal nome. Gerusalemme viene così ricostruita secondo la pianta tradizionale degli accampamenti romani e chiamata Aelia Capitolina, mentre la Terra d’Israele viene ridenominata Siria-Palestina. Ecco da dove nasce il nome Palestina! L’Imperatore Adriano, nel tentativo di de-ebraicizzare la Terra d’Israele, fa riferimento al nome degli antichi Filistei, popolo greco che adorava Beelzebub e che per breve tempo si era insediato in un tratto della costa mediterranea, annientati poi dall’occupazione di Nabucodonosor.
La situazione per gli ebrei peggiora ulteriormente nel IV secolo, quando il cristianesimo diviene la religione ufficiale dell’Impero e gli ebrei vengono sottoposti a una legislazione molto dura a causa dell’accusa di deicidio. Quando nel 636 d.C. i musulmani conquistano la Palestina e, due anni dopo, Gerusalemme, gli ebrei salutano con un senso di sollievo i conquistatori arabi.
Tuttavia l’esistenza ebraica, sotto il dominio islamico, oscillerà infatti tra tolleranza e discriminazione. C’è da dire che l’islam, per vari secoli, non è sembrato interessato a Gerusalemme.
Alla città di Gerusalemme l’islam non ha infatti mai conferito lo status di haram, luogo santo, che è unicamente conferito alla Mecca e a Medina.
Tutto ciò rappresenta qualcosa di estremamente importante e affascinante insieme. Fa male vedere come molti intellettuali, molti insegnanti, o docenti universitari si accostino al moderno Stato d’Israele senza neppure immaginare la complessa relazione storica che lega gli ebrei, la terra di Israele e Gerusalemme. Questa scarsa propensione alla ricerca e alla curiosità storica comporta talvolta più di qualche fraintendimento: storico, geografico e anche politico.
È qui che regna confusione e disinformazione, strumentale si direbbe, pur di consolidare l’idea, specie nei giovani, dell’eterno fascismo, che ciclicamente, nelle manifestazioni teleguidate dai radical chic, viene imputato alle maniere e agli strumenti in uso alle forze dell’ordine. Mettendo in secondo piano gli assalti alle vetrine di attività commerciali, accusate di essere filo israeliane (quindi filo ebree).
Al no alla violenza si risponde con la violenza. Allora chi sarebbero i fascisti?
Ma soprattutto, se qualche volta il libero manifestare fosse riferito a fattori politico economici più concreti, e magari i giovani studenti, affiancassero i trattori e le rivendicazioni degli agricoltori, per le strade italiane, piuttosto che gridare a gran voce una pace al momento lontana, sarebbero manifestazioni certamente più libere, rispetto ad una influenza unica verso un nemico immaginario che non c’è più da quasi ottant’anni.
Sarebbe una vera emancipazione per la nostra classe giovanile.
https://bariseranews.it/2024/02/27/israele-palestina-e-i-giovani-doggi/
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