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Visualizzazione dei post da giugno, 2020

MAMELI, SILVESTRE E L'IMMANCABILE POLITICAMENTE CORRETTO

“Non ci poteva star meglio un italiano”...”Addirittura far cantare un migrante”…”Ecco il politically correct dei comunisti”…Sono alcuni dei commenti che hanno colpito Sergio Silvestre, reo di aver cantato l’inno e di averlo pure sbagliato. Molti accusatori non sanno nemmeno la storia del nostro inno. Non sanno nemmeno che Goffredo Mameli è morto in guerra a 21 anni, nel tentativo di difendere Roma dai francesi. Il politicamente corretto è mettere, in questo momento particolare, un cantante Afro-americano a cantare il nostro inno. Il cantante giusto nel posto giusto, al momento giusto . Che tempismo. Sergio Silvestre ha una voce splendida ed errare è umano. L'errore più grossolano, non commesso da lui, ma da chi glielo ha detto di fare, è il pugno sinistro alzato, che richiama il gesto di Jessie Owens (negro) alle Olimpiadi di Berlino del 1936 alla sua premiazione davanti ad Hitler. Il voler rimarcare in Italia una questione di cui non ci interessa, è stucchevole. Certo ci si può in

L'AUTODECADIMENTO

E’ di pochi giorni fa la notizia che le stazioni e gli aeroporti pugliesi, si doteranno di “stanze degli affetti”, in cui i congiunti potranno salutarsi prima della separazione causata dalla partenza di uno di essi. Tutto ciò per consentire gli abbracci tra cari. Perché in pubblico un abbraccio è bandito dalla dittatura sanitaria, che ci governa, assieme a qual coacervo di beceri intelletti che si sono chiusi in una sontuosa villa, in nome di quegli Stati Generali, che tanto fanno pensare a quegli anacronistici regimi sudamericani, che ispirano la formazione di governo che indegnamente ci rappresenta. Il braccio armato di questo governo, oggi ha operato sul campo, negli ospedali, domani sarà sistemato pian pano nelle poltrone di stato in quella sinistra che ha deciso di abbracciare una causa che non ci riguarda, pur di riuscire a trovare qualche argomento di interesse di massa, coinvolgendo le menti più labili della società. Quelli che “hanno un sogno”, ma sono bianchi, quelli che ieri