Dalla questione climatica, alle pensioni, in questo periodo storico c’è chi ritiene sia una buona politica quella di scatenare i giovani contro i vecchi, e viceversa. Beppe Grillo, 71 anni, ha detto di voler togliere il voto agli anziani. Questo perché, superata una certa età i cittadini sarebbero meno preoccupati del futuro sociale rispetto ai giovani che però dovranno subirne le conseguenze.
In passato sono stati diversi gli opinionisti e le celebrità saltati fuori con un’invenzione simile.
Nel suo romanzo satirico, Boomsday, Christopher Buckley racconta di un blogger della Generazione X che diventa famoso dopo aver suggerito come il governo dovrebbe offrire incentivi alle persone affinché si suicidino superati i 70 anni. Chi accetta la “transizione volontaria” sarà trattato da patriota e da eroe, alla pari dei veterani di guerra. Il Time non era partito da un ragionamento tanto diverso spiegando che gli anziani “votano in modo miope”, almeno da una prospettiva progressista. Venivano così citati sondaggi negli Stati Uniti e nel Regno Unito dove risultava che gli elettori con più di 65 anni erano due volte più contrari al matrimonio gay; due volte più favorevoli alla Brexit; il 60 percento più orientati a votare per Donald Trump e il 50 per cento più propensi a dire che gli immigrati hanno un impatto negativo sulla società.
Inutile dire che una proposta di togliere il voto agli anziani si poggia su una visione piuttosto ottusa di ciò che il diritto al voto rappresenta, inquadrandolo unicamente come un meccanismo per esprimere preferenze di leadership e policy, mentre si tratta del principale sistema con cui le democrazie riconosco l’uguaglianza morale e sostanziale dei propri cittadini. Impedire che i pensionati votino potrà forse eliminare – da un certo punto di vista – una fonte di pensiero a breve termine dalla politica, ma allo stesso modo i partiti potrebbero avere meno incentivi per interessarsi degli anziani.
Al contempo decidere di fare votare i sedicenni è un tentativo scellerato di allargare l'elettorato, ma evidente segno di ricerca di solidità sociale.
Utilizzare tali proposte per ribadire la lotta tra giovani e vecchi, che di fatto cela un dualismo tra progressismo e conservatorismo, vecchio quanto il mondo,
è un modo piuttosto casuale, per distrarre dalle difficoltà in cui si trova il paese.
Così potremmo ritrovarci a fare votare un sedicenne, magari alla prima generazione in Italia, che possa conoscere ma non comprendere a pieno, il peso specifico del valore che ha avuto in Italia, per esempio Leonardo da Vinci. Uno fra tanti grandi vecchi che hanno reso un po' grande, ma non vecchia, l'Italia.
Siamo un paese scheggiato, direi quasi in frantumi.
I salutisti dell’Unione europea tornano alla carica con un’altra battaglia: quella contro il vino. A fare da apripista è stata l’Irlanda, che potrà dunque applicare sugli alcolici un’etichetta con scritto “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” oppure “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. O più direttamente "il vino provoca il cancro". Secondo i dati di Alcohol Action Ireland, il consumo di alcol puro pro capite tra chi ha più di 15 anni è stato di 10,07 litri nel 2020, che corrisponde a poco meno di 40 bottiglie di vodka, 113 bottiglie di vino o 436 pinte di birra e supera del 40% il livello di consumo indicato dalle linee guida dell’agenzia governativa Health Service Executive (HSE). Quindi l'Irlanda, attraverso il silenzio assenso della Commissione Europea, con questo provvedimento, crede sul serio di combattere l'abuso di alcol? Perché i dati sopra elencati chiariscono e permettono di affermare che siamo in presenza di un eccesso di uti
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