Gli Stati Uniti hanno confermato il loro ritiro dal trattato contro la proliferazione nucleare. Il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha motivato la decisione con il fatto che «la Russia ha violato per anni senza scrupoli l’accordo e non ha mostrato alcun serio impegno nel volerlo rispettare». E ancora: «Le violazioni della Russia mettono a rischio le vite di milioni di europei e americani» e quindi «dobbiamo reagire a questa minaccia». Poco dopo anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha avallato la decisione: «La Nato sostiene pienamente la sospensione da parte degli Stati Uniti del trattato Inf e la notifica del ritiro - ha dichiarato -La Russia è in grave violazione del trattato Inf e deve sfruttare i prossimi 6 mesi per ritornare alla piena e verificabile conformità o assumersi la sola responsabilità per la sua dismissione».
Firmato l’8 dicembre 1987 dall’allora presidente americano Ronald Reagan e dal russo Mikhail Gorbaciov, lo storico trattato antimissili con Mosca portò alla distruzione di ben 2.692 missili, 846 americani e 1.846 russi e fu una delle pietre miliari della fine della guerra fredda. Pompeo ha aggiunto che gli Stati Uniti sono pronti ad avviare un negoziato con Mosca sul controllo delle armi.
Donald Trump sta mostrando al mondo intero che l’America ha ancora potere di destabilizzazione mondiale. L’agenda estera di Trump è molto esplicita e non lascia spazio ad interpretazioni ordinarie. Il prossimo obbiettivo è l’indebolimento di ricchezze e di potere delle maggiori potenze planetarie. Nel tentativo di realizzare il sogno neocon di un nuovo secolo americano.
La storia recente statunitense insegna che i dem hanno sempre perpetuato l’agenda dei repubblicani. I diversi fallimenti di Carter, in Iran ed Afghanistan, hanno favorito l’ascesa di Reagan. Decenni più tardi, la politica fallimentare di Clinton, in particolare in Somalia, ha favorito il successo di G. Bush junior. Di recente, anche il nostalgico, secondo l’opinione pubblica americana, Barack Obama ha commesso errori fatali, tali da favorire i conservatori con il loro programma “Make America Great Again”.
La strategia americana è incentrata sul ritiro strategico da scenari di guerra infinite e costose, per concentrare gli sforzi sui teatri che contano. Ovvero Unione Europea, a guida franco tedesca, che segue Trump in maniera altalenante. La Russia Neoimperialista di Putin, che sulla nuova via della seta costruisce il suo baco assieme a Turchia ed Iran, e queste ultime rappresentano una seria minaccia esistenziale negli affari che contano con Israele ed Arabia saudita. In fine la Cina, capace di sfidare e forse anche vincere l’impero americano.
La Russia e la Cina hanno diversi accordi di cooperazione energetica ed economica con il Venezuela, paese tra i più ricchi di petrolio. Mentre per l’Iran è di fondamentale importanza mantenere rapporti saldi con Caracas, per la penetrazione compiacente venezuelana, degli Hezbollah. E’ per questo che il governo Trump si è affrettato subito a riconoscere Guaidò, autoproclamatosi presidente, dando vita ad una diarchia nel paese sudamericano, in modo da destabilizzare gli equilibri internazionali. La Ue si è subito schierata con gli Usa, per paura di faide commerciali e nella speranza che Trump possa avvicinarsi agli europei. In tutto ciò l’Italia, bieca e ignorante come i suoi leader che la rispecchiano, è l’unico paese europeo a schierarsi con Maduro, sedendosi dalla parte sbagliata del mondo, quasi inconsapevolmente, assieme ad Assad ed Erdogan. Ha fatto fin quasi meglio il Vaticano che ha auspicato una soluzione di mezzo, ma pacifica.
E’ in dubbio che Trump non è quel pazzo sprovveduto che si è trovato Presidente in una notte. Sta avendo successo. Chi ignora questo, non ha ben presente la visone delle sorti del mondo. Insomma il Venezuela è importante non solo per le riserve di petrolio. La posta in gioco è alta, non soltanto la libertà di un popolo, ma in ballo ci sono i meccanismi per l’equilibrio geopolitico ed economico di tutto il pianeta.
L’Unione Europea, a partire dalla crisi economica globale del 2008 ha sempre fatto il possibile per farsi detestare, in Italia e in moltissime altre nazioni del continente. Occorre dire che la gestione di diverse rispettive classi dirigenti nazionali, fra incolmabili debiti pubblici e una crescita economica pari a zero, ha permesso all’Ue di manifestarsi più come una matrigna che mal sopporta i propri figliastri che come una mamma, magari severa quando serve, ma giusta nei confronti di tutti i suoi figli. Non a caso, sono poi cresciuti partiti e movimenti euroscettici in più Paesi europei, la Brexit è divenuta realtà e tutt’oggi alcuni governi nazionali, come quello ungherese e quello polacco, sono spesso in contrasto con le Istituzioni comunitarie. Del resto, Bruxelles, si direbbe, andrebbe ringraziata, con tanto di servile inchino, per i soldi del Pnrr. Intanto, è bene ricordare come il denaro del Recovery Fund non rappresenta affatto un regalo compassionevole, essendo composto, in
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