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LA CULTURA POLITICA E' IN CRISI

La cultura è la difesa di un'identità, che si forma sull'opinione pubblica e favorisce lo sviluppo e la promozione complessiva del Paese nel mondo. Tutela l'ambiente, i paesaggi urbani e naturali ed il patrimonio artistico, promuove la creatività e l'invettiva dei singoli che si confrontano in società. Dunque la cultura è fondamento della società. Il luogo del confronto in società è la città, la competizione intellettuale muove gli individui alla ricerca della città ideale. Questa città si chiama politica. Questo pensiero è ben espresso, anche se avverto una crisi netta della cultura politica italiana. Per la verità non credo di essere il primo, se ne sono accorti tutti, ma sicuramente converrete con me in un ragionamento che porta a riflettere sullo stato della società italiana. Oggi, subisce una evoluzione od una involuzione? Molti dicono che nella terminologia politica e nello stile di vita politica, la “Sinistra” e la “Destra” sono ormai scomparse. Io condivido a metà questo pensiero. La sinistra è morta da poco più di vent’anni, la destra è sepolta da quasi gli stessi anni. Ai sinistri nostalgici, viene riconosciuto il credo culturale, la superiorità morale e la lungimiranza nel guardare al progresso. Ai destrorsi non gli si riconosce nulla o quasi, tranne che la sopravvivenza e la benemerenza per coloro che si integrano alla società perbenista. Ai primi si rimprovera la nostalgia ma si elogiano le opere ed il pensiero, ai secondi si nega il pensiero e la loro esistenza. E proprio il pensiero vietato è la nuova oscenità del presente. Chi coltiva il pensiero proibito è condannato alla morte in vita. A mio parere il progresso porta al conformismo. Considerare alcuni termini profondi, ricchi di significato, proibiti, significa essere passati dalla ragione all’eccesso. Tale eccesso porta alla morte delle idee. L’identità, termine intrinseco alla parola cultura, oggi viene considerata un male, una chiusura, quando invece è ricchezza se aperta al confronto con la differenza. La comunità, a meno non la si consideri “globale”, è considerata un carcere dove esistono i fantasmi del passato. La tradizione è considerata un bene solo per i circuiti turistico – commerciali, al di fuori di tale luogo, è paragonata all’antico, al vecchio, quando invece è la garanzia della continuità che lega il passato al futuro. Prima di capire dove andiamo, bisogna capire chi siamo, quali sono le nostre origini. Di qui si capisce che l’aggettivo conservare è un’offesa al progresso. Quando invece il verbo andrebbe accostato al termine. Si conserva quanto di buono è stato fatto per aiutarsi meglio a progredire. Ecco per cui innovare è meglio che rivoluzionare, poiché non si implica la volontà dei soggetti, ma la forza della tecnica del cambiamento. Ma così l’uomo viene sormontato dalla tecnica, dall’automatismo. Questa è però l’ideologia del progresso, per cui non è possibile ripensare alle origini. Ma alle origini c’è l’uomo, con il suo bagaglio di storia e di dignità alla prova del tempo. Allora chissà il tempo non riesca a far si che si esca da questo impasse che porta all’immobilismo culturale. Usciamo dal conformismo ed apriamoci al confronto, che è il sale della cultura e rende viva e aperta la società italiana.

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