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SUL BIPOLARISMO ITALIANO


 Si è appena conclusa la settimana che ha visto l’elezione dei presidenti delle Camere ed è già tempo di isolare qualche spunto di riflessione In particolare, nelle ultime tre settimane, posso dire di aver avuto tre conferme: 1) la Sinistra non è in grado di essere sinceramente democratica, 2) la Destra ha perso un’ottima occasione per dimostrarsi migliore della Sinistra, 3) il Bipolarismo italiano non funziona.


Fin da subito tengo a precisare che è il terzo punto quello che interessa ciononostante, un doveroso accenno spetta anche agli altri due.


Per quanto riguarda il primo punto, una volta consolidato il risultato elettorale, la parte sinistra dell’Arco costituzionale, ma anche il mondo dell’informazione e della cultura che a quella fanno riferimento, hanno innalzato il livello dello scontro con continui allarmi per un imminente ritorno del “fascismo”, con tanto di parallelismi tra gli attuali accadimenti e quanto successo esattamente un secolo fa.


Le paure della Sinistra per una “Democrazia ormai alle corde” non tiene conto del fatto che in nome dell’antifascismo, e solo in nome di esso, si è interamente svolta la propria campagna elettorale (con colpevole omissione di tutti gli altri temi importanti per il popolo italiano) ed è proprio per questo all’elettorato va riconosciuta una consapevolezza, su questo tema specifico, che ne legittima senza dubbio la volontà espressa all’interno delle urne.


La convinzione, tipica della Sinistra italiana, di essere l’unica meritevole destinataria del consenso democraticamente espresso, nasconde un “elemento di anti-democraticità” che dovrebbe occupare non poco i pensieri della propria leadership, come anche la ricomparsa, nella semantica politica di quella parte, della stella a cinque punte, dei nomi scritti a “testa in giù” ecc.


A ciò, la Sinistra italiana dovrebbe aggiungere la consapevolezza che la pesante vittoria della coalizione del Centro-Destra è tanto merito di quest’ultima quanto, e aggiungerei soprattutto,  merito delle politiche ottusamente portate avanti dai “finti progressisti” d’Italia.


Relativamente al secondo punto, non vale la pena in questa sede dilungarsi, mi limito solo a sottolineare che le personalità scelte a presiedere le due Camere sono, per storia personale e per convinzioni espresse, nomi con una precisa identità e pertanto fortemente divisivi nel dibattito politico. Vi è da dire che, su questo tema, la Sinistra italiana non può dare lezione a nessuno, avendo portato, a rappresentare le più alte cariche dello Stato, alcune delle proprie personalità più radicali; ma proprio da questo è maturata in me la convinzione che il Centro-Destra avrebbe potuto, e dovuto, evitare di imporsi con la forza dei numeri prediligendo quella della ragione, individuando tra le sue fila dei rappresentanti più autorevoli che non sarebbero stati appiglio per l’antifascismo “à la carte” dell’opposizione pseudo-progressista.  


Le questioni affrontate finora sono sicuramente parte integrante, insieme a tanto altro, del terzo punto da analizzare: i difetti del Bipolarismo italiano. Ma è doverosa una premessa: l’Italia è il Paese che ha inventato il Fascismo e che ha avuto il più forte partito comunista dell’Occidente. Questi due aspetti hanno fatto sì che il sistema politico italiano ne risultasse fortemente ideologgizzato (con una frattura “Destra-Sinistra” molto sentita nella società), e che solo grazie all’opera stabilizzatrice della Democrazia Cristiana si è potuto gestire nel dopoguerra.


Il Bipolarismo italiano si è andato delineando agli inizi degli anni ‘90, come risposta agli effetti di Tangentopoli sul sistema partitico tradizionale, a seguito di alcuni referendum (quello del ‘91 promosso da Mario Segni e quello del ‘93) che portarono poi il Parlamento ad adottare un sistema elettorale misto ma fortemente maggioritario (il Mattarellum) che premiava la formazione di coalizioni.


Ma è soprattutto con la “discesa in campo” di Berlusconi nel ‘94, a capo di un partito fortemente personale, e con le campagne elettorali guidate da leader delle coalizioni che si presentavano come candidati a Presidente del Consiglio, che il sistema politico italiano prende l’attuale conformazione.


Forza Italia, il partito-azienda di Berlusconi strutturato come componente moderata della coalizione del Centro-Destra, ha svolto il prezioso compito di tenere fuori dal dibattito politico le proposte più radicali di una destra che, con la svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini già di suo stava cercando di accreditarsi come partito di governo, e di una Lega Nord che più che mai si poneva dichiaratamente come partito anti sistema. Lo stesso percorso avveniva a sinistra con la marginalizzazione dei partiti che ancora si ispiravano alle posizioni massimaliste del vecchio Partito Comunista, ma che in parte sopravvivevano sotto traccia nelle nuove formazioni che si andavano costituendo.


Tuttavia questo sistema, pur con una sua stabilità, non ha portato nulla di buono all’Italia a causa delle politiche fortemente centrate sull’asse “Destra-Sinistra” e la conseguente strutturale incapacità a dare risposte durevoli in temi come, l’economia, le politiche industriali, l’immigrazione, la sicurezza, il lavoro ecc.


Ebbene, gli odierni equilibri, con il pesante indebolimento di Forza Italia in favore del “meno moderato” Fratelli d’Italia nel Centro-Destra e con l’arretramento del PD in favore di un più radicale Movimento 5 stelle a sinistra, stanno esasperando ulteriormente le politiche proposte nei programmi elettorali e di governo portati da coalizioni sempre più conflittuali al proprio interno.


Le vicende che hanno fatto seguito all’elezione del presidente del Senato, con conseguente crisi di coalizione tra Forza Italia e Fratelli d’Italia, hanno portato incertezza anche per quanto riguarda la formazione del futuro governo, nonostante un risultato elettorale che avrebbe dovuto dare agli italiani almeno la serenità di un processo meno conflittuale.


Anche nella casa delle opposizioni le cose non vanno bene alla luce delle nuove gerarchie che si stanno  delineando, con un progressivo smottamento della componente più riformista a favore delle componenti più radicali e anti-sistema.


Ciò che emerge in tutta evidenza è che il Bipolarismo, per le peculiarità ideologiche proprie della società italiana, non può funzionare come si vorrebbe, e gli elogi che ad esso vengono elargiti continuamente, da gran parte della politica e dell’informazione sono unicamente finalizzati a mantenere in piedi delle “rendite di posizione” di figuri che su questo sistema hanno costruito la propria retorica politica nonché le proprie fortune.


Emerge inoltre l’assoluta necessità, se non di strutturare un “Terzo Polo” al centro (i cui “vagiti” di questa tornata elettorale stanno degradando in flebili sussurri), di impegnarsi nella creazione di un partito moderato europeista e atlantista che sappia essere promotore di politiche libere da ideologie anacronistiche, capace di trarre ispirazione dalla tradizione ma con il coraggio di proiettarsi nel futuro.


Dimenticavo solo una cosa: questo partito esiste già, per adesso è una associazione politica e si chiama Italia Liberale Popolare.

(Luigi De Luca) 


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