Poco prima di mettermi a scrivere, ero deciso a commentare le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio Meloni, nei due rami del Parlamento, in occasione del voto di fiducia. Ma, riflettendo sulle reazioni da parte di alcune rappresentanti della sinistra (purtroppo) finto-progressista ho cambiato idea; è solo un appuntamento rimandato quello con la leader di (o dei) Fratelli d’Italia, lo prometto, ma parlare del Soffitto di cristallo è più urgente.
Particolare attenzione hanno destato in me le parole, pronunciate in aula dalla On. Serracchiani e con un tweet dalla On. Boldrini, volte a negare l’indubbio “risultato di genere” ottenuto da una donna del Centro-Destra, per la prima volta incaricata come Presidente del Consiglio. Non mi soffermo su quanto affermato dalla prima deputata menzionata, perché non vorrei disperdere in me il fragore della risposta “da brividi” riservatale prontamente dal Presidente Meloni (ah se ci fosse un premio per queste cose), piuttosto vorrei soffermarmi sull’ennesimo richiamo, via social, al “rispetto grammaticale del genere femminile” della On. Boldrini.
Potrei definire in tanti modi il post della ex terza carica dello Stato: inutile, rancoroso, stucchevole e così via, in verità lo reputo preoccupante; preoccupante perché palesa vieppiù tutti i limiti emersi, dopo le ultime elezioni, di una proposta politica di sinistra inesistente.
Invero, mentre qualche “vicino di casa stellato” si stava ponendo efficacemente come alternativo interlocutore delle “masse proletarie” (oggi sono un po' vintage), quella parte dell’Arco costituzionale ha ancorato buona parte della propria retorica politica degli ultimi dieci anni, ben coadiuvata dal lavoro dei professionisti dell’informazione “gauche” e di moltissimi intellettuali pervicacemente allineati, unicamente ad una “parità di genere puramente di facciata”, quasi che il riscatto delle donne italiane, e delle politiche progressiste, dipendesse solamente da una lettera “a” messa al posto giusto. Nel frattempo, dall’altra parte dello schieramento, una giovane donna fondava un partito, si metteva a capo di molti uomini (cito solo questi per marcare la leadership femminile) ed entrava “sommessamente” nella testa degli italiani.
Il furore ideologico della sinistra italiana ha portato i leader di questa a dimenticare che la lingua di un popolo evolve (questo è vero) ma lo fa in funzione dei progressi della società, e non avviene mai il contrario; De Mauro ci ha insegnato che le trasformazioni della lingua non avvengono mai dall’alto (per imposizione) ma per spinta “unificatrice e riformatrice” che proviene viene dal basso per un uso legato all’esigenza della quotidianità.
E dire che, in direzione della parità reale tra uomini e donne, si stanno facendo passi da gigante in Italia (sia chiaro, molto ancora è da fare), ormai abbiamo donne che presiedono consigli di amministrazione, organi costituzionali, stazioni spaziali, “addirittura dirigono partite di calcio” (con ironia devo dire che quest’ultima conquista era la più impensabile nell’Italia dei “bar dello sport” al testosterone). Tuttavia, in un’aula dove si sta già discutendo di politiche pratiche, come ad esempio la proposta di rimodulazione del contante già avanzata dalla Lega, unico spunto critico dei finto-progressisti senza contenuti e allo sbando è stato, si fatica a crederlo, contestare la personale, libera e incondizionata scelta di una donna che ha deciso come farsi chiamare. Se è così, non basterà un semplice congresso per riavere una sinistra degna di questo nome.
Da quando il Presidente Mattarella ha conferito l’incarico alla leader del Centro-Destra, si sta assistendo al fallimento ideale della sinistra declinata al femminile, e questo non tanto perché essa non ha tributato i doverosi omaggi ad una donna che, questo sì, con le unghie ha strappato agli uomini la poltrona più importante d’Italia, ma soprattutto perché non sta pretendendo, con fermezza, che anche nella propria “casa” si possa aspirare alla medesima conquista.
Io, da uomo, mi sarei aspettato dalle donne del PD (ma anche nel M5S la Raggi e la Appendino stanno sbiadendo) il lancio di un guanto di sfida in vista del prossimo congresso, e non basta il passo in avanti della Elly Schlein che sa tanto di operazione di “maquillage d’emergenza”; mi sarei aspettato, non l’acrimonia riservata ad una donna di nome Giorgia, piuttosto un urlo rabbioso nei confronti degli uomini “Compagni di partito” che hanno fatto scempio di questa sinistra.
Tuttora, da uomo, aspetto un’autocritica da parte delle donne di sinistra, per non aver saputo (o voluto) rappresentare nelle istituzioni le donne del mondo reale, quelle donne che di una desinenza al femminile non se ne fanno niente, quelle donne che chiedono di poter essere sia madri che lavoratrici, quelle donne che già da tempo si misurano da vincenti nella società e che hanno trovato un nuovo alfiere, un alfiere che sta a destra e non vuole essere chiamata “Presidenta”.
(Luigi De Luca)
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