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LA NOSTRA GENERAZIONE NON HA PERSO. E' STATA SOLO AGGREDITA PER ARROGANZA CULTURALE





La nostra generazione era tollerante. E non lo sapeva.

E' arrivato il fluid gender e, di conseguenza, l’omofobia.

In ambito musicale, per esempio, oggi è Fedez che fa clamore più per le sue esternazioni e dimostrazioni, che per la sua qualità musicale. Attenzionando la sensibilità per i diritti, oppure la pochezza dei contenuti politici.
La mia generazione ascoltava e amava David Bowie e Lou Reed, e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero. Non interessava, anzi, contenti loro e, in qualche caso, beati loro. Elton John, Freddy Mercury, George Michael.
La mia generazione amava i Led Zeppelin, i Deep Purple, Neil Young, gli Eagles...senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti.
Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due. Ci godemmo semplicemente la sua musica. E quando Jimmy Somerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui. E non c’erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi.
Non c’erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta.
C’era Alyson Moyet, allora decisamente oversize, ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer. Anzi.
Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché tutti questi censori hanno l’unico effetto di creare quello che censurano.
Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni, si sa, spesso generano l’effetto contrario, reazionario, a meno che non siano convincenti e che si basino su dati scientifici o almeno non rispecchino la volontà popolare ma anche in questo caso non è detto che la volontà popolare abbia ragione perché di esempi passati ne abbiamo. Oggi purtroppo è difficile tutto, non è facile governare una nazione, ma non è facile per il popolo.
L’attuale sistema dell’informazione è monopolizzato da una cultura progressista che si ritiene detentrice di verità insindacabili, dogmi di fede che non devono essere messi in discussione.
Ecco allora che qualunque posizione espressa dalla destra diviene subito una posizione retrograda, che non ha diritto di audience, un eresia da tribunale dell’inquisizione.
Aggiungo inoltre che la cultura di sinistra sia nei giornalisti come nei politici utilizza il manganello del fascismo per inibire l’opinione avversaria, il fascismo è il totem protettore della sinistra che non riesce a camminare con le sue gambe. Non da ultimo, un altro Totem della sinistra, Massimo D'Alema, ha dichiarato pubblicamente che la Sinistra deve ripartire dalle ideologie.
La cultura della Destra, invece, è alternativa al pensiero ufficiale che viene espresso dai social media. Pensiero, contrassegnato da pedanteria ed ossequio al "politicamente corretto". Dove risiede allora la cultura della Destra? Non certo in Hegel o Benedetto Croce, il cui idealismo compiaciuto di sé, non riesce minimamente a renderne le idee.  Essa è pensiero libero ed oggettivo, conciliazione di realismo ed idealismo. Di realismo, perché la Destra si sofferma sulla valutazione del dato di fatto per esprimere un giudizio e rivolge lo sguardo agli ambienti più sordidi e degradati della società; di idealismo, perché essa guarda agli ideali di solidarietà nazionale e di giustizia, in un mondo troppo spesso ingiusto e crudele. Alla Destra non piacciono gli eroi "violenti", l'onore militare ed il culto della forza bruta: i suoi uomini sono pacifici ed ammirano il sacrificio quando avviene per difendere un valore comune. Esempi di ciò che la Destra considera come eroi sono Tiberio e Caio Gracco, che, nel tentativo di arginare le competenze del Senato e di ridurlo ad organo amministrativo, caddero vittima di una reazione tanto cieca quanto cruenta. Ancora abbiamo Giordano Bruno che, di solito considerato come il filosofo degli "infiniti mondi", era in realtà un umanista, e poi Cesare Battisti e Salvo D'Acquisto ed infine tutta la schiera degli innumerevoli caduti per la libertà di pensiero, dal Risorgimento fino all'ultimo conflitto mondiale, testimoniarono a prezzo della vita la loro fede nell'Italia. La Destra non è spiritualista,  ma non è nemmeno materialista perché ritiene il mondo come un qualcosa di fallace ed illusorio, percepito dai sensi ma privo di reale consistenza. Essa cerca di contrastare con le armi della critica e della logica l'avanzare del sistema, inteso come complesso di interessi che minaccia di schiacciare il diritto all'esistenza dei più deboli. Ma dove e quando nasce il sistema? Esso fa la sua comparsa nell'Inghilterra della Rivoluzione industriale, Paese considerato culla dei diritti costituzionali, civili e politici del mondo moderno. E precisamente con l'economia "classica" e quindi con le prime speculazioni statistiche e demografiche, utili al controllo delle dinamiche socio-antropologiche delle popolazioni. Anche i Romani crearono un sistema di interessi, che, a differenza di quello anglosassone, non ha tuttavia mai rinnegato la natura. La cultura della Destra è dunque un misto di realismo ed idealismo e dunque, non può fare a meno di ammirare la figura di Pier Paolo Pasolini. Di sinistra, certo, ma il primo ad individuare i fascisti del fascismo. La Destra ama la pace e il quieto vivere; ritiene  che il rispetto vada tributato a tutte le culture e a tutti popoli indifferentemente. Ed è proprio contro questo principio sacrosanto che cozzano e s'infrangono le ideologie, rivelando solo insanabili contraddizioni. L'amore per il proprio Paese non non è per forza nazionalismo, che è un sentimento impuro. Gli uomini di Destra, hanno sempre ripudiato l'imperialismo (L'Italia imperialista era quella fascista, un derivato della lotta intestina socialista, la stessa che ha avuto le prime mire coloniali a fine Ottocento), ed hanno sempre accettato l'Italia per quello che è, con tutta la sua ricchezza culturale, evitando di pensare a come dovrebbe essere secondo la visione dei grandi interessi (Destra Storica).  Visione della Destra è che il mondo è una concatenazione di eventi, per cui, conoscendo i presupposti di una data situazione, se ne può prevedere l'evoluzione e l'esito conclusivo: senza conoscere il passato è preclusa all'uomo anche la previsione del futuro.   

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