Jan Palach, martire per la libertà, è l’unico sessantottino che pagò la Contestazione con la vita. Il 16 gennaio del 1969, Jan si dette fuoco in Piazza Venceslao davanti ai carri armati sovietici che avevano invaso la Cecoslovacchia. A differenza del Che, non esistono in giro magliette che ricordino il volto e il gesto di Jan Palach, non ci sono santini né agiografie. Alle spalle di Jan Palach non c’è la fabbrica internazionale degli idoli, ma solo la memoria stinta, solitaria e sommersa di pochi ragazzi del suo tempo.
La sua disperata speranza ebbe un effetto dirompente. Per la prima volta 600mila persone si dettero appuntamento a Praga per rendere omaggio a quel ragazzo. Ci andarono anche dall’Italia molti giovani
Una pagina indimenticabile ma dimenticata. Tutto rimosso, come il comunismo. Tutti inneggiano alla libera circolazione dei capitali e dei turisti a Praga ed esaltano l’allargamento dell’Europa a est. Dimenticano che alle origini d’entrambi i fatti c’è il tragico gesto di quel ragazzo che decise di dare la vita per sollevare i popoli contro i carri armati sovietici. Mai un Vinto, per dirla con Pansa, riuscì a vincere in modo così maestoso e sconfinato, anche se postumo. La censura comunista cercò di cancellare quel mito e demolire la sua biografia; fece sparire perfino la lapide sul luogo della sua sepoltura, meta di pericolosi pellegrinaggi. E sparirono dai media i ragazzi che seguirono il suo gesto. L’oltraggio dell’indifferenza a volte eguaglia quello dell’intolleranza; l’uno reprime la memoria e la libertà, l’altro la deprime, ma gli esiti si somigliano.
Prima di uccidersi, Jan Palach aveva scritto su un quaderno scolastico a righe “Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprime la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo – Patria e Libertà – è composto di volontari, pronti a bruciarsi per la causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero uno, è mio diritto scrivere la prima lettera…”. Firmato: la torcia n. 1.
In una vignetta di Giovanni Mosca due borghesi commentano così lo studente Palach che si è appiccato il fuoco: “Gioventù bruciata”. Dall’incomprensione di allora alla rimozione di oggi: la torcia n.1 dista anni luce dallo sgargiante black out di oggi. Ma Palach ha davvero trionfato oppure la sua resta una tragedia sepolta nell’oblio? Ha senso modificare il corso della storia spezzando il corso della propria vita?
Probabilmente, sarebbe stato meglio avere oggi un ignoto sessantenne di nome Jan Palach, professore di filosofia sulla via della pensione, piuttosto che un mito semidimenticato nelle stanze diroccate della storia.
Qualche giorno fa delle ragazzine, protestavano per l'aborto e hanno cacciato la Boldrini. Perché non si sentivano da lei rappresentate. Boldrini a parte, quello che sciocca è che chi protesta, lo fa contro un governo che non esiste ancora, su una cosa che la Meloni non ha mai detto (di voler cambiare la legge 194) e soprattutto...sanno i vari motivi per cui si abortisce? O pensano solo ad abortire per nascondere la gravidanza. Si può esser libere di abortire anche se non si accetta un nascituro che possa sconvolgere la vita. Perché malformato, perché con problemi mentali, perché non riuscirebbe a vivere una volta in vita. Ma si abortisce se lo si vuole in due...qui sembra solo un diritto delle donne, e si mette da parte il volere degli uomini, che hanno contribuito alla copulazione. Ma quello che è sconvolgente è che si manifesta per la morte, e poi sulle restrizioni delle proprie vite, tutte e tutti ad ubbidire... Pasolini affermava che la rivoluzione del 68 avrebbe fatto più d
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