Ralf Dahrendorf, è uno dei più noti pensatori di ispirazione liberale del secondo dopoguerra
Quest’anno ricorre il decimo dell’anniversario di morte, pare sia già caduto nel dimenticatoio. Però Dahrendorf è molto attuale, e smentisce quella comune idea da pensiero unico per cui i liberali non possono non essere europeisti e devono per forza essere promotori di “più Europa”. Dahrendorf, ha vissuto dall’interno i processi della costruzione europea, dal 1970 al 1974 ha ricoperto il ruolo di Commissario europeo al commercio prima e alla ricerca scientifica e all’educazione poi. Eppure egli non solo ha maturato uno scetticismo di fondo verso il processo di integrazione, mettendo in evidenza proprio quei limiti strutturali della costruzione europea che noi oggi osserviamo, ma ha previsto addirittura gli sviluppi che poi ci sono stati e che hanno condotto all’impasse attuale. Proprio col liberalismo cozzavano presupposti e metodi della costruzione europea. Per riformare l’Ue il problema non è la disuguaglianza, è favorire la diversità individuale.
L’Unione europea è una macchina affossatrice di quelle diversità che si sono coagulate storicamente nelle diverse nazionalità e nei diversi popoli che costituiscono la natura policroma del nostro continente. Inoltre crea problemi alla democrazia, data la non legittimazione, sottolineata da Dahrendorf, delle istituzioni sovranazionali messe in moto. Le quali sono state affidate ad una “classe cosmopolitica” lontana dai cittadini e disinteressata ai loro problemi. Anche il meccanismo decisionale porta ulteriori conseguenze illiberali sulla vita dei cittadini europei. Dahrendorf ha anche evidenziato le prevedibili conseguenze dell’allargamento a est, prevedendo che quei Paesi, riconquistata finalmente la capacità di autodeterminazione nazionale, non avrebbero di certo gradito che un nuovo moloch sovranazionale si sostituisse a quello precedente ispirato dall’Unione Sovietica.
Negli anni Novanta, mentre si faceva abuso estremo del termine liberale, celando un pensiero globalista (socialista), Dahrendorf invitava alla cautela e soprattutto pensava al processo di integrazione europea come una cooperazione rafforzata fra i singoli Stati. In sostanza, da liberale, egli temeva che potesse essere neutralizzato il conflitto, inteso come competizione, che era l’elemento fondante del liberalismo. Se a questo aggiungiamo la difesa di un mercato cooperativo piuttosto che i capitalismi di Stato che andavano affermandosi e il dominio transnazionale della finanza, che ha fatto crescere potenti multinazionali che realizzavano dei monopoli transnazionali, in più, la sua contrarietà all’introduzione della moneta unica, mi sembra opportuno dire che Dahrendorf sia stato un lucido precursore del “liberal-sovranismo”.
L’Unione Europea, a partire dalla crisi economica globale del 2008 ha sempre fatto il possibile per farsi detestare, in Italia e in moltissime altre nazioni del continente. Occorre dire che la gestione di diverse rispettive classi dirigenti nazionali, fra incolmabili debiti pubblici e una crescita economica pari a zero, ha permesso all’Ue di manifestarsi più come una matrigna che mal sopporta i propri figliastri che come una mamma, magari severa quando serve, ma giusta nei confronti di tutti i suoi figli. Non a caso, sono poi cresciuti partiti e movimenti euroscettici in più Paesi europei, la Brexit è divenuta realtà e tutt’oggi alcuni governi nazionali, come quello ungherese e quello polacco, sono spesso in contrasto con le Istituzioni comunitarie. Del resto, Bruxelles, si direbbe, andrebbe ringraziata, con tanto di servile inchino, per i soldi del Pnrr. Intanto, è bene ricordare come il denaro del Recovery Fund non rappresenta affatto un regalo compassionevole, essendo composto, in
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