Che cos’è il contemporaneo?
È colui che non coincide con il suo tempo. È l’inattuale di oggi.
Nietzsche lo definisce l’intempestivo, di fatto è colui che risente di una sfasatura col suo tempo. Il contemporaneo è colui che non coincide perfettamente con il suo tempo, ed attraverso questo scarto, egli è capace di percepire più degli altri il presente.
Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo sul suo tempo, per percepire non la luce, ma il buio. Colui abile a neutralizzare le luci provenienti dalla sua epoca per scoprire la sua tenebra.
Essere contemporanei è una dote molto rara, per esserlo davvero serve coraggio. Il vero contemporaneo percepisce tutte le vertebre spezzate dell’oggi. Tenerle insieme è il suo fine.
Essere contemporanei vuol dire arrivare puntuali ad un appuntamento che si può solo mancare. L’appuntamento non ha luogo in un tempo cronologico.
Un esempio di esperienza di contemporaneità è dato dalla moda. Essa rappresenta un elemento di discontinuità nel tempo, che lo divide secondo il suo essere ed il suo non essere più alla moda. L’ora della moda è forse il momento in cui lo stilista percepisce il tratto. Il tempo della moda è sempre in anticipo su se stesso, e al tempo stesso in ritardo. E’ una soglia inafferrabile tra il non ancora ed il non più. L’adesso della moda è inafferrabile.
La contemporaneità è strettamente connessa col passato, questa speciale relazione fa si che il presente viene considerato già arcaico.
Quindi il contemporaneo mette in relazione i tempi ed è capace di leggerne in modo inedito la sua storia. Come se quel buio proiettasse la sua ombra nel passato. Ed è nostra capacità di dare ascolto a quella ombra, per essere contemporanei, non solo nel nostro secolo, ma in relazione alle figure dei testi del passato.
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Il 2 giugno 1946, nacque una repubblica di uno Stato, che non aveva convinzione. Quella convinzione è giunta sino ad oggi, manifestandosi nel malaffare, nella giustizia politicizzata. Oggi si fa presto a dire Repubblica. E si fa presto anche a dire democrazia e poi libertà, popolo e Costituzione., Tutti questi termini appaiono scontati alle nuove generazioni. Abitudini quotidiane il cui vero significato è, di fatto, sconosciuto. A essi ci si è fatta l’abitudine. Così come si fa l’abitudine al lavoro della Magistratura di una Repubblica di uno Stato debole come il nostro. Duecentosettantaquattro anni, è la somma di tutte le pene commisurate ai responsabili del disastro ambientale creato a Taranto, con l’Ilva. Imprenditori, dirigenti ed amministratori locali, tutti coinvolti. Così, ci si divide, come sempre, sulla colpevolezza o la presunta innocenza dei condannati. Ma se analizziamo le misure singole, la più alta condanna è di ventidue anni. Tre in meno della pena contrattata da Giov
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