Non si parla di altro, ormai. E in un paese suicida come il nostro, mi permetto di dire con chiarezza. “Non mi frega nulla. Non è una priorità soltanto nostra quella umanitaria. “
Ma quando qualcuno tenta con la cultura addirittura dei paragoni avventati, come quello che vado a spiegare, non posso fare a meno di provare quanto meno a mettere ordine.
Con buona pace di commentatori radical chic sempre alla ricerca del paragone all’apparenza “colto”, l’Antigone di Sofocle c’entra davvero poco con la vicenda molto prosaica che ha avuto in questi giorni come protagonista Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3, la nave tedesca battente bandiera olandese che ha soccorso in mare e imbarcato 42 migranti e si è poi diretta verso Lampedusa forzando il blocco navale e attraccando in violazione delle leggi italiane.
Antigone la sua, di tragedia, non è andata a cercarsela, né l’ha coscientemente programmata a tavolino, come sembra aver fatto Carola, in questo modo strumentalizzando le vite di quaranta “poveri disperati”, che evidentemente non dovevano passarsela poi così male. Tra donne sui cento chili e uomini palestrati. Più che la morale, nella decisione della capitana si intravede la politica, poco pregevole, che i sentimenti umanitari e le moralità strumentalizzano per scopi di parte.
La determinatezza e la caparbietà con cui si è mossa, nonché la volontà di cercare l’incidente e di provocare le autorità italiane, in primo luogo la “bestia nera” Matteo Salvini, avvalorano questa ipotesi: nessun tormento nella sua coscienza, ma solo la ricerca del “caso esemplare” che potesse farne l’eroina di una parte ben definita del nostro mondo. Le menti irriflessive, o peggio quelle ipocrite, albergano sempre in ogni società umana: nel nostro tempo forse più che in altri.
Figure come quelle della “cattiva coscienza” hegeliana (e marxiana) o metodi “genealogici” di tipo nietzschiano servirebbero, a mio avviso, a farci capire molte più cose dell’animo umano della protagonista, e di molti di coloro che l’hanno assecondata, che non il riferimento ad Antigone e Sofocle. È vero, c’è pure chi in buona fede crede nel “pensiero semplice”. In questo caso, il riferimento sarebbe allora alla figura sempre hegeliana dell’“anima bella”, con tutto quel che ne consegue in termini di effetti concreti.
In poche parole, convinti di fare il bene spesso si finisce per servire il diavolo, che, come sempre i classici ci hanno insegnato.
I salutisti dell’Unione europea tornano alla carica con un’altra battaglia: quella contro il vino. A fare da apripista è stata l’Irlanda, che potrà dunque applicare sugli alcolici un’etichetta con scritto “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” oppure “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. O più direttamente "il vino provoca il cancro". Secondo i dati di Alcohol Action Ireland, il consumo di alcol puro pro capite tra chi ha più di 15 anni è stato di 10,07 litri nel 2020, che corrisponde a poco meno di 40 bottiglie di vodka, 113 bottiglie di vino o 436 pinte di birra e supera del 40% il livello di consumo indicato dalle linee guida dell’agenzia governativa Health Service Executive (HSE). Quindi l'Irlanda, attraverso il silenzio assenso della Commissione Europea, con questo provvedimento, crede sul serio di combattere l'abuso di alcol? Perché i dati sopra elencati chiariscono e permettono di affermare che siamo in presenza di un eccesso di uti
Commenti
Posta un commento