L’unica vera ossessione del nostro tempo è rinserrata nella magmatica formula del politicamente corretto che tutto ricomprende.
Una mania tramutatasi, nel giro di qualche decennio, in ideologia, e perciò in pratica politica. Un modello totalizzante capace di delegittimare l’avversario tacciandolo con reiterati cliché (razzista, antidemocratico, xenofobo, sessista, intollerante). Una ortodossia che, attraverso censure e divieti, esercita coercizione pure sul lessico, con una potenza tale capace di piegare tanti di coloro i quali si pregiavano di essere degli anticonformisti.
Ossessione che ha indotto commediografi a riscrivere testi come è capitato alla Carmen, a criticare un quadro di Balthus per presunta pedofilia, a cacciare dalle università insospettabili come Ovidio, a depurare opere come quelle di Mark Twain per l’utilizzo della parola ‘negro’, o a vivisezionare versi della Bibbia.
In questo atteggiamento sintetizzato attraverso tre nozioni, ipocrisia, stereotipo tenace e schizofrenia, si tenta di inquadrare le prossime traiettorie.
Grazie alla massiccia pervadenza dei social si starebbe prospettando un cambio di direzione, attraverso la diffusione di quelle forze politiche populiste e sovraniste.
Una ribellione non proprio culturale. I movimenti si muovono essenzialmente su una serie di mal di pancia : le ansie dei ceti medi impoveriti legate alla perenne crisi economica, all’espropriazione di sovranità nazionale, alla mancanza di sicurezza e ai disordini creati dai fenomeni migratori. Ma il fatto che essi abbiano fatte proprie tutte le rivendicazioni politicamente scorrette rappresenterebbe un cambio di marcia evidente.
E arrivati a questo punto, vi sarebbe da chiedersi se non sia utile capire i motivi per i quali per la prima volta nella storia recente dell’Occidente questo moralismo straripante subisca una forte battuta d’arresto.
Il politicamente corretto, plastico ideologico di un blocco sociale progressista, ha segnato le nostre società per più di mezzo secolo con una narrazione che si è imposta in ogni campo presentandosi come dottrina pubblica, avrebbe esso stesso contribuito a costruire per contrasto, la contro ideologia e contro-narrazione del «politicamente scorretto».
Bisognerebbe comprendere se questo declivio del politicamente corretto sarà apparente o definitivo, sostituito da una nuova cultura, o come più probabile da una nuova sintesi.
I salutisti dell’Unione europea tornano alla carica con un’altra battaglia: quella contro il vino. A fare da apripista è stata l’Irlanda, che potrà dunque applicare sugli alcolici un’etichetta con scritto “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” oppure “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. O più direttamente "il vino provoca il cancro". Secondo i dati di Alcohol Action Ireland, il consumo di alcol puro pro capite tra chi ha più di 15 anni è stato di 10,07 litri nel 2020, che corrisponde a poco meno di 40 bottiglie di vodka, 113 bottiglie di vino o 436 pinte di birra e supera del 40% il livello di consumo indicato dalle linee guida dell’agenzia governativa Health Service Executive (HSE). Quindi l'Irlanda, attraverso il silenzio assenso della Commissione Europea, con questo provvedimento, crede sul serio di combattere l'abuso di alcol? Perché i dati sopra elencati chiariscono e permettono di affermare che siamo in presenza di un eccesso di uti
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