Il periodo attuale è percorso apparentemente da una crisi di tipo economico – politica. Approfondendo la questione viene fuori una caratteristica che evidenzia la crisi, specie da un punto di vista sociale. Tale caratteristica è la paura, condita dall’abitudine di condurre la vita nel modo più facile possibile. Insomma oggi siamo in crisi perché ci manca il coraggio di cambiare. Tutti noi, alla nascita, da bambini, possiamo fare un sacco di cose. Lo dimostra la nostra capacità di imparare qualsiasi lingua. Naturalmente non tutti abbiamo le stesse doti, ma tutti possediamo numerosi talenti. Poi, nel corso della vita, finiamo per svilupparne solo alcuni perché viviamo in un certo ambiente, facciamo un certo tipo di scuola, scegliamo certe mete, abbiamo certi amici, certe abitudini e certi maestri e in questo modo diventiamo incapaci di usare gli altri, o pensiamo di esserne incapaci. Molte persone sono convinte di non poter fare altro che quello che fanno e ritengono di non poter ricominciare a studiare, a imparare un mestiere nuovo. Invece manca loro solo la motivazione. Direi appunto che manca il coraggio. Di solito non cambiano perché si affezionano al proprio mestiere, alla propria professione, o allo status consolidato, o meglio ancora alle proprie abitudini di vita e, col passare degli anni, si sentono più sicuri, e non provano più il bisogno di rinnovarsi. Lo fanno solo quando il mondo muta attorno a loro e non possono continuare sulla vecchia strada. Oggi, in questa epoca di crisi, avremmo bisogno tutti di mettere a frutto risorse che abbiamo trascurato. Io sono inorridito dalla incompetenza di molti commessi e di molti tecnici che dovrebbero assicurare ai clienti le informazioni e l’assistenza. Sappiamo che gli imprenditori spesso non trovano giovani specializzati. in questo momento storico gli imprenditori dovrebbero essere più coraggiosi ad investire sulle novità che poi è una qualità che manca anche ai politici che ci propinano le solite ricette. Contemporaneamente le nostre scuole continuano a produrre laureati generici mentre abbiamo bisogno di esperti qualificati in tutti campi produttivi, persone che sappiano coniugare il sapere teorico con la conoscenza delle apparecchiature più moderne, che sappiano capire di cosa abbia bisogno il consumatore. La società moderna è affamata di tecnici che sanno fare i lavori più delicati e sono consapevoli di dover perfezionare continuamente il proprio sapere per poter agire ovunque. È con costoro, non con i banchieri, che si supera l’attuale crisi. Ma è difficile cambiare. Le vecchie mentalità restano come delle incrostazioni su tutti livelli: sul politico esperto in economia finanziaria, sul funzionario ministeriale, sul burocrate del comune, sul laureato in giurisprudenza e sul ragazzo che cerca l’esame più facile per non fare fatica. Accanto alla tecnologia moderna bisogna riscoprire i vecchi mestieri, cercando così di allargare quanto più possibile il mercato del lavoro e con esso si allargherebbe tutta l’economia, che troverebbe spazio in nuove “vecchie” fette di mercato. Mi viene proprio di pensare che bisogna tornare indietro per andare avanti.
Il livello di strumentalizzazione politica della sinistra italiana ha raggiunto picchi verso il basso così talmente gravi da fare indurre a una riflessione sul livello di ignoranza giovanile, intesa come disinformazione storica, nei confronti della Politica internazionale. Premettendo che ognuno è libero di pensare e manifestare per qualunque causa si ritenga giusta, occorre avere sott’occhio due cenni storici dell’origine della terra contesa sin dalla notte dei tempi. Una interessante spiegazione sulla città di Gaza della Prof.ssa Daniela Santus, docente del dipartimento di letteratura e lingue straniere e Cultura Moderna, dell’Università di Torino, afferma che Gaza non nasce come città palestinese o islamica. Da un punto di vista storico sappiamo che il Faraone Thutmose III, alla guida delle sue truppe, nel 1457 a.C., proprio a Gaza, sceglie di celebrare il ventitreesimo anniversario della sua ascesa al trono. L’islam nascerà quasi 2100 anni dopo che Gaza aveva ospitato i festeggi
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