Mahmood è il vincitore di Sanremo 2019. Figlio di madre sarda e padre egiziano, Alessandro Mahmoud, com’è noto all’anagrafe, ha incantato l’Ariston con la sua Soldi, una canzone ritmata scritta insieme a Dardust e Charlie Charles. Nato a Milano nel 1992, Mahmood è emerso nel 2012 grazie a X Factor, nel 2016 ha partecipato a Sanremo nella sezione Nuove Proposte classificandosi quarto. Oltre che cantante è anche autore. Ha firmato Nero Bali di Elodie, Hola (I Say) di Marco Mengoni e Tom Walker e Luna, brano in cui duetta con Fabri Fibra.
Il ragazzo sembrerebbe non essere proprio uno sprovveduto. Ma dato anche il suo stupore durante la proclamazione, suo malgrado, è eletto ad ultimo baluardo del PD.
Sanremo, infatti, resta roccaforte di un establishment, che ha a cuore la cultura dell’accoglienza. Da moltissimi anni, non si può pensare ad una classifica finale determinata da giurie improbabili e da voti da casa nel cuore della notte. Dietro ci sono poteri forti, occulti, dove il meccanismo è basato sul più alto compenso pagato dalla casa discografica che poi risulta vincitrice, a patto che sia politicamente corretta.
C’è chi dice che questo festival abbia espresso la musica italiana attuale. E’ vero anche, che questo settore è investito in pieno dalla rivoluzione digitale che sta cambiando le menti umane, prima ancora degli usi, gusti e costumi delle masse sociali. Così ci troviamo ad avere una kermesse musicale, declassata a talent show, in quanto i vecchi cantautori italiani snobbano ormai la partecipazione canora. Ecco quindi spiegato il tifo da stadio della platea sanremese, per l’ultima rappresentante della vecchia musica, Loredana Bertè. Al contempo, infervora un sottobosco digitale di tanti cantautori giovani che navigano e sguazzano nel web. Molto apprezzati dai millennials, che sono certo il futuro della società, ma non conoscono il presente, ne tanto meno il passato musicale italiano. Nella storia, culla della musica mondiale. L’opera è italiana, il rap è un genere importato dagli Usa. Di solito siamo ottimi importatori di feccia.
Una sfumatura un tantino diversa merita attenzione. La canzone vincitrice è ideale per poter essere tradotta in inglese e sperare di poter vincere l’Euro Song Contest. Il festival Europeo della musica conformistica. Tutta uguale, ma che evidentemente fa girare tanti affari. E se si riuscisse a portarlo in Italia, l’organizzazione di tale evento contribuirebbe a risollevare le sorti di una deriva musicale senza precedenti. Ne gioverebbe tutto l’indotto musicale ed anche oltre. Sempre che non ci sia qualche movimento No Eurofestival.
Il livello di strumentalizzazione politica della sinistra italiana ha raggiunto picchi verso il basso così talmente gravi da fare indurre a una riflessione sul livello di ignoranza giovanile, intesa come disinformazione storica, nei confronti della Politica internazionale. Premettendo che ognuno è libero di pensare e manifestare per qualunque causa si ritenga giusta, occorre avere sott’occhio due cenni storici dell’origine della terra contesa sin dalla notte dei tempi. Una interessante spiegazione sulla città di Gaza della Prof.ssa Daniela Santus, docente del dipartimento di letteratura e lingue straniere e Cultura Moderna, dell’Università di Torino, afferma che Gaza non nasce come città palestinese o islamica. Da un punto di vista storico sappiamo che il Faraone Thutmose III, alla guida delle sue truppe, nel 1457 a.C., proprio a Gaza, sceglie di celebrare il ventitreesimo anniversario della sua ascesa al trono. L’islam nascerà quasi 2100 anni dopo che Gaza aveva ospitato i festeggi
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