“La Scuola Sant'Anna ha puntato con convinzione e determinazione sulla Federazione tra Scuole di eccellenza, insieme prima alla Scuola IUSS di Pavia e, successivamente, alla stessa Scuola Normale Superiore di Pisa, mirando in tal modo a migliorare ulteriormente la propria reputazione scientifica e la qualità della formazione, sia sul piano nazionale sia su quello internazionale.
La Scuola Normale Superiore esiste ed eccelle a Pisa e nel mondo da 208 anni. Oggi Pisa, con la sua Università, la Scuola Normale e la Scuola Sant'Anna ha tutte le carte in regola per rappresentare un punto di riferimento e di opportunità per i giovani di talento di tutta Italia e anche nel mondo, tenendo conto anche che la totale gratuità delle Scuole di eccellenza consente a tutti ‘i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi”, come richiesto dalla nostra Costituzione.
La Scuola Sant'Anna seleziona ed accoglie nei propri collegi allievi provenienti da tutta Italia, da nord a sud, e siamo convinti che questo rappresenti un valore importante della nostra istituzione. La nostra linea è dunque di potenziare e ulteriormente migliorare ciò che palesemente funziona: non è nostra intenzione aprire succursali al di fuori di Pisa e del suo territorio circostante. Noi su questa strada siamo impegnati e la scelta della federazione tra Scuole Universitarie va decisamente in questa direzione”.
“Ma i problemi strutturali del mondo accademico non possono essere risolti con una rete di università “di eccellenza”: nel Paese europeo con una delle più basse percentuali di laureati e di dottori di ricerca sulla popolazione generale, percorrere una strada del genere non può che aggravare una polarizzazione del sistema accademico tra pochi atenei di “Serie A” e tanti atenei di “Serie B”, sempre meno finanziati dallo Stato.”
Resta ineludibile il rifinanziamento complessivo del sistema di istruzione superiore, fortemente penalizzante nei confronti degli atenei meridionali: questi sono sfavoriti già dal solo fatto di essere localizzati in territori economicamente più deboli.
E in una scuola chiamata Normale, che un tempo ha ospitato la prigione del Conte Ugolino, nelle cui stanze dove ora c’è la biblioteca, il buon conte sgranocchiava le teste dei suoi figli, evidentemente aleggia ancora il suo spettro, che magari ora si beve spremute di materia grigia, visto che il consiglio direttivo ha costretto alle dimissioni il Preside, per aver pensato di creare rapporti di partnership con l’Università Federico II di Napoli.
E’ mancata la possibilità di fare consorzio culturale. Vista l’apertura della scuola a tutti, si sarebbe dovuto pensare a tante menti eccelse, meno abbienti.
I salutisti dell’Unione europea tornano alla carica con un’altra battaglia: quella contro il vino. A fare da apripista è stata l’Irlanda, che potrà dunque applicare sugli alcolici un’etichetta con scritto “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” oppure “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. O più direttamente "il vino provoca il cancro". Secondo i dati di Alcohol Action Ireland, il consumo di alcol puro pro capite tra chi ha più di 15 anni è stato di 10,07 litri nel 2020, che corrisponde a poco meno di 40 bottiglie di vodka, 113 bottiglie di vino o 436 pinte di birra e supera del 40% il livello di consumo indicato dalle linee guida dell’agenzia governativa Health Service Executive (HSE). Quindi l'Irlanda, attraverso il silenzio assenso della Commissione Europea, con questo provvedimento, crede sul serio di combattere l'abuso di alcol? Perché i dati sopra elencati chiariscono e permettono di affermare che siamo in presenza di un eccesso di uti
Commenti
Posta un commento