C'è chi le chiama genericamente Onlus, chi associazioni umanitarie, in inglese le chiamano charity, sono quelle organizzazioni a cui milioni di italiani fanno una o più donazioni all'anno. Tecnicamente si chiamano ONG - Organizzazioni Non Governative - e sono impegnate soprattutto nella cooperazione allo sviluppo e nell'aiuto umanitario.
Ma le Ong quante sono? Solo in Italia sono circa 250, negli anni ’60 erano meno di 20. Nel mondo si stima che operino circa 50mila organizzazioni non governative, che ricevono oltre 10 miliardi di dollari annui di finanziamenti e occupano in totale 140 milioni di persone, più del doppio della popolazione italiana.
Le Ong, anche se spesso sono associazioni non a scopo di lucro, non sono composte solo da volontari. Le persone che lavorano nelle Ong sono retribuite. Attorno al mondo della cooperazione internazionale gira un vero e proprio business. Ci sono in ballo talmente tanti soldi che in molti casi le ong possiedono capacità finanziarie superiori a quelle di alcuni Stati. Solo riferendosi alle ong italiane che hanno aderito al progetto Open Cooperazione, la somma dei oro bilanci ammonta a oltre mezzo miliardo di euro. Per la precisione 561 milioni di euro che arrivano per il 53% da fonti istituzionali e per il restante tra 427.451 donatori privati. Vi lavorano oltre 16mila persone in quasi 3mila progetti in Italia e in oltre 100 Paesi del mondo, coinvolgendo 78mila volontari.
Occhio quando si fa beneficenza alle varie organizzazioni, dal momento che più o meno la metà delle donazioni serve al loro mantenimento o per fare pubblicità. Quindi quando si donano soldi per sfamare i bambini africani, bisogna essere consapevoli che solo la metà, quando va bene, finisce a detti bambini. Dati che si riferiscono a qualche anno fa scoprono cifre a molti zeri. In tutto 11 miliardi di dollari, pari al 50% in più del Pil di Haiti.
A livello mondiale le tre maggiori organizzazioni hanno bilanci che vanno dal mezzo miliardo di dollari fino a quasi un miliardo e mezzo. Si conta che nel mondo il cosiddetto Terzo settore valga ogni anno circa 400 (quattrocento) miliardi di dollari.
I salutisti dell’Unione europea tornano alla carica con un’altra battaglia: quella contro il vino. A fare da apripista è stata l’Irlanda, che potrà dunque applicare sugli alcolici un’etichetta con scritto “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” oppure “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. O più direttamente "il vino provoca il cancro". Secondo i dati di Alcohol Action Ireland, il consumo di alcol puro pro capite tra chi ha più di 15 anni è stato di 10,07 litri nel 2020, che corrisponde a poco meno di 40 bottiglie di vodka, 113 bottiglie di vino o 436 pinte di birra e supera del 40% il livello di consumo indicato dalle linee guida dell’agenzia governativa Health Service Executive (HSE). Quindi l'Irlanda, attraverso il silenzio assenso della Commissione Europea, con questo provvedimento, crede sul serio di combattere l'abuso di alcol? Perché i dati sopra elencati chiariscono e permettono di affermare che siamo in presenza di un eccesso di uti
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