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GLI ALBERI MONUMENTALI ITALIANI

Una ricchezza non solo ambientale, ma anche culturale Un terzo del suolo italiano è coperto da boschi e foreste, che trattengono circa un miliardo e 782 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Secondo una stima della guardia forestale, sarebbero 12 miliardi gli alberi italiani, con un incremento dello 0,3 per cento, rispettando in pieno il protocollo di Kyoto. Entro il 2012 l'Italia potrà detrarre 10,2 tonnellate dal bilancio nazionale delle emissioni e così avrà un risparmio energetico variabile tra i 750 milioni ed il miliardo di euro. Tra le regioni più boschive, secondo l'inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio, ci sono la Liguria e il Trentino; viceversa tra le meno ricche di alberi ci sono la Puglia e la Sicilia. Tra i 1255 alberi definiti "di maggior interesse ambientale e culturale", 460 sono dislocati al Nord, 555 al Centro e 240 al Sud. Avete letto “di maggior interesse culturale”, perché gli alberi sono esseri viventi ed in quanto tali hanno una loro storia. Essi sono antichi, sorprendenti. Si prestano ad essere ammirati per la loro lunga vita, per la loro bellezza, sì che possono essere considerati veri e propri monumenti. Già, non stupitevi! Su un cartello, posto davanti ad un albero all'ingresso di Caprino Veronese (paese a pochi chilometri dal capoluogo scaligero), c'è la scritta "Monumento Nazionale". L'albero in questione non è uno qualsiasi, bensì uno splendido esemplare di platano, alto 25 metri con una circonferenza di 15 ed un’estensione della chioma di circa 300 metri. Si chiama Platano dei cento bersaglieri, perché nel 1937, durante un’operazione dell'esercito italiano, tra le sue fronde si erano nascosti 300 bersaglieri. Tra i più celebri c'è anche il Castagno dei cento cavalli, alle pendici dell'Etna, in Sicilia: si erge per 22 metri, ha duemila anni e deriva dalla fusione di più alberi. Il suo nome è dato dalla storia di Giovanna D'Aragona, che qui ha trovato riparo da un temporale insieme ai suoi cento cavalieri (commettendo però un’imprudenza, perché non sapeva che gli alberi attirano i fulmini ed è pericoloso rifugiarsi sotto di essi durante i temporali). Il più antico d'Italia si trova però a San Baltolu di Luras, in provincia di Sassari, ed è un oleastro di circa tremila anni. Se potesse parlare, ci illustrerebbe meglio di chiunque altro notizie sulla civiltà nuragica, probabilmente sui primi abitanti della Sardegna vissuti nell'età del bronzo. Un altro vecchio albero è il Castagno Miraglia, in località Metaleto, vicino Camaldoli in Toscana. Il suo tronco cavo è talmente enorme che ci vogliono sei persone per abbracciarlo. Ha circa quattro secoli, è alto 19 metri, e aveva al suo interno, fino a qualche anno fa, un tavolo e delle sedie, dove la moglie del direttore generale del ministero dell'Agricoltura di fine '800, sig.ra Elena Miraglia, passava intere giornate a ricamare sotto la frescura del castagno. Di rilevanza storica sono i due pini di Garibaldi. Il primo fu piantato da questi, di fronte alla sua casa a Caprera, in occasione della nascita della figlia Clelia, ed è oggi ricurvo su se stesso. Il secondo si trova a Gambarie in Aspromonte (Reggio Calabria), dove si narra abbia sorretto l'eroe dei due mondi, ferito ad una gamba. Affascinante è la storia di alcuni alberi che possono essere definiti “santi”, poiché rimandano al rapporto avuto con San Francesco d'Assisi. Il più famoso è indubbiamente il Leccio dell'Eremo delle Carceri, su cui si posarono gli uccelli al quale il santo si rivolse per indurli a moderare il canto per non disturbare la preghiera. Un altro famoso è il Faggio di Rivodutri (Rieti), straordinariamente tortuoso, e ciò è spiegato dal fatto che durante una tempesta impetuosa avrebbe piegato le fronde per proteggere San Francesco. La bellezza monumentale e la dimensione storica di questi esseri viventi attira però, a volte, anche oltraggi e vandalismi. Com’è accaduto nel 2001 nel parco nazionale della Sila, in Calabria, allorché "Prometeo", un abete bianco di 35 metri di quasi otto secoli, è stato dato alle fiamme da un piromane; il quale evidentemente non sapeva (o non apprezzava)

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