In merito ai “Si Tav” che hanno manifestato a Torino, Beppe Grillo effettua una Ode alla Borghesia, in chiaro tono polemico sul suo blog, considerando i manifestanti “borghesucci benpensanti che nella Tav vedono l'ingresso dell'Italia nel mondo che conta”. Premesso che si può non essere d'accordo con l’argomento preso in considerazione dal leader pentastellato, una parola (benpensante) orbita intorno al concetto odierno di borghesia. Ammesso che sia un concetto ancora valido.
Nel suo primo teatro-spettacolo intitolato appunto I Borghesi, Giorgio Gaber, lui stesso borghese, cantava la famosa ai tempi canzone omonima : i borghesi son tutti dei porci, piu' sono grassi piu' sono lerci. A quei tempi la famiglia era considerata una camera a gas, la borghesia la classe da distruggere e lo Stato un nemico da abbattere o cambiare radicalmente. Oggi non si sente piu' parlare di borghesia. la contestazione è finita. il riflusso ha operato a lungo. La lotta di classe è stata archiviata. Le masse sono diventate amorfe. il potere è in mano ai finanzieri ed ai burocrati. la media borghesia è diventata piccola borghesia e si trova a pari livello con le ex classi operaie di una volta. Ma se la borghesia come classe sociale è implosa, molto piu' grave è la presenza di una mentalita' borghese. Dove per mentalita' borghese si possono intendere tante cose ma una, é fondamentale : cambiare tutto per non cambiare nulla. Questioni interessanti. I borghesi erano tutti dei porci, ma la maggior parte dei sessantottini che si ribellava ai propri genitori alla fine assunse spesso gli stessi atteggiamenti paternalistici e magari anche autoritari nei confronti dei figli che avevano già assunto i loro genitori in precedenza. La borghesia era una classe nemica, ma gran parte dei quadri e dirigenti di aziende oggi sono di quella precisa generazione, e magari ai tempi contestavano pure. Quel che è vero è che la contestazione è finita e che spesso il borghese è incline al gattopardismo. Un giorno ebbi una discussione con mio padre proprio su questi temi, circa, e a me che accusavo, forse ingenuamente, la sua generazione di aver fatto i contestatori ma di aver poi assunto gli stessi atteggiamenti che contestavano e di ostacolare spesso le nuove leve, lui, tra le varie cose, mi rispose che loro almeno avevano fatto contestazione, noi no. Vero, la lotta di classe forse è stata archiviata, mentre la cosa più normale sarebbe invece bramare a un miglioramento della propria posizione sociale, o perlomeno è sempre stato così, almeno dal tempo dei tribuni della plebe. Ma se il potere è realmente in mano di pochi (e bisogna vedere cosa significa quel "pochi" e cosa hanno fatto per essere tra i pochi, ecc), non è necessariamente per oscure trame dei pochi autogeneratisi, bensì anche dell'amorfismo dei molti. La borghesia del '700 combattè per i propri diritti, negli anni '40 la generazione dei miei nonni fece lo stesso, in contesti differenti. Oggi noi occidentali abbiamo praticamente tutto, eppure (o forse proprio per questo, perchè lo diamo per scontato) non facciamo nulla per tenerlo, non partecipiamo attivamente alla politica "tanto sono tutti uguali" Sì, probabilmente la lotta sociale al momento è morta. Ma è scomparsa la borghesia oppure è scomparso il proletariato?
Da un punto di vista squisitamente professionale, le professioni borghesi sono ancora tutte lì: certo si lavora con strumenti diversi rispetto al passato, però il giornalista sempre giornalista è, così come il dentista, il negoziante, l'idraulico. Sono invece gli operai che stanno scomparendo, a causa della deindustrializzazione da una parte e del progresso tecnologico nella produzione dall'altra. Da un punto di vista demografico, su altre discussioni si sta dibattendo della difficoltà dei giovani di oggi a trovare un lavoro sicuro e mettere al mondo dei figli. Dunque quelli che potrebbero essere i proletari: - non sono operai (categoria in estinzione) - non sono completamente lavoratori "sotto un padrone" (si lavora in modo discontinuo, magari come autonomi e pseudo-imprenditori) - non hanno neppure prole perché magari ci rinunciano. Ma allora non è sparita la borghesia, è sparito il proletariato. A conferma indiretta di ciò, le idee politiche che caratterizzavano il proletariato (social-comunismo) sono finite ai margini, appannaggio di pochi nostalgici: oggi essere di sinistra significa condurre battaglie per cause quali a un Berlinguer non sarebbe importato nulla (es. matrimoni gay) ed essere totalmente acritici rispetto alle condizioni inique del mondo economico attuale, su tutti il fatto che oggi esistano lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. A volte si può pensare che i veri nemici dei capitalisti non siano gli operai, come ha sostenuto Marx, bensì quelli della classe media. In fondo agli operai è sempre interessato il fatto di lavorare, fino almeno all'arrivo dei sindacati. Poi si realizza che anche quelli della classe media hanno il brutto vizio di voler pensare, come fanno i capitalisti (o come fanno fare ad altri, prezzolati). I medici, gli architetti, i piccoli imprenditori, ecc hanno dovuto studiare nella vita, prima di poter esercitare la professione, e questo ha sicuramente spinto alcuni di loro a comprarsi qualche altro libro, oltre a quelli strettamente indispensabili per il loro futuro lavoro. E qualche buon libro inculca certamente qualche nuova (e buona) domanda. E con le domande sorge la brutta esigenza della annosa ricerca delle risposte. È vero anche che il ceto medio vanta (o pecca di) connivenza con la classe dirigente: un po' per lavoro, un po' per quotidiana necessità, difficilmente sono i padroni a chiamare la ditta per rifare i bagni.. Sono semmai gli incaricati dei padroni a chiamarli, a prendere accordi, seguire lo stato dei lavori. Ecco il male maggiore. Gestire i soldi altrui. Managerismo crudele. Alla base della crisi economica globale. Infatti il ceto medio ha pensato di dirigere, di negoziare, volendo di litigarci, ma, in verità, le due classi hanno potuto proliferare insieme in relativa tranquillità.
Come abbiamo visto, allora, in Italia la borghesia esiste ancora eccome. Va soltanto concepita in modo diverso rispetto al passato, perché così hanno imposto il contesto sociale ed economico che si sta vivendo e l’evoluzione del mercato del lavoro, che ha distanziato ancora di più chi sta bene e chi fa quello che può. E che ha creato nuove figure di borghesi a discapito di chi una volta aspirava ad esserlo. Non è forse una borghese chi ha creato un impero da diversi milioni di euro come blogger di moda partendo dalla pubblicazione di qualche sua idea su un sito specializzato? Non lo è chi ha creato un sito di informazione su Internet e oggi si può permettere dei lussi che un normale giornalista nemmeno si sogna? Oppure chi, senza un titolo di studio, ha cominciato a giocare a pallone e oggi guadagna 30 milioni di euro l’anno? O chi, senza nemmeno diplomarsi, si è messo a cantare (per modo di dire) e oggi vive in una casa da 400 metri quadri? E che dire di chi, senza una laurea in tasca, viene chiamato puntualmente come ospite televisivo in versione di «opinionista-tuttologo» (che si parli di finanza o della crescita anomala delle verze durante l’invernonele regioni del Sud del mondo non importa, basta esserci) creandosi un personaggio dal nulla e guadagnando qualche migliaio di euro a comparsata? Non sono borghesi pure questi, più di un avvocato, di un commercialista o di un geometra, cioè di quelli che, secondo la vecchia definizione, dovrebbero essere i veri borghesi, dotati di titolo di studio ed in possesso di mezzi di produzione? In conclusione: la borghesia in Italia esiste ancora. Diversa da quella di una volta, ma esiste eccome. Come non si estingueranno mai quelli che andranno in giro «col vestito sempre ben stirato /segretaria, autista e partita di golf/ e l’ufficio molto ben arredato». Così, per seguire le istruzioni dell’argentino Cortez e tentare di dimostrare che ancora si può essere un piccolo borghese
Il livello di strumentalizzazione politica della sinistra italiana ha raggiunto picchi verso il basso così talmente gravi da fare indurre a una riflessione sul livello di ignoranza giovanile, intesa come disinformazione storica, nei confronti della Politica internazionale. Premettendo che ognuno è libero di pensare e manifestare per qualunque causa si ritenga giusta, occorre avere sott’occhio due cenni storici dell’origine della terra contesa sin dalla notte dei tempi. Una interessante spiegazione sulla città di Gaza della Prof.ssa Daniela Santus, docente del dipartimento di letteratura e lingue straniere e Cultura Moderna, dell’Università di Torino, afferma che Gaza non nasce come città palestinese o islamica. Da un punto di vista storico sappiamo che il Faraone Thutmose III, alla guida delle sue truppe, nel 1457 a.C., proprio a Gaza, sceglie di celebrare il ventitreesimo anniversario della sua ascesa al trono. L’islam nascerà quasi 2100 anni dopo che Gaza aveva ospitato i festeggi
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