La Storia dell’umanità è fatta di crisi politiche, ideologiche, economiche, sociali. Esse sono l’anello, il tramite, il ponte che divide le epoche, il vecchio mondo dal nuovo, malattie che prima o dopo consumano il padre e consegnano il regno al figlio. Come tutte le cose, come tutti gli essere viventi, così la società nasce, cresce e muore animata dallo spirito dei popoli e dei cittadini che ne fanno parte. Di anima si parla, perché una società senza anime, coese o discordanti, non può esistere. O almeno così credevano gli antichi. Rispetto al passato, la crisi che ha invaso il nostro mondo, o che forse il nostro mondo stesso ha creato con le proprie mani, appare invincibile, incontrastabile, come fossimo giunti ad un inesorabile punto di non ritorno, senza vie d’uscita, senza uno spiraglio di luce né una finestra dalla quale affacciarsi. Ma la vittima principale della scena è l’essere umano, prima ancora della società in cui esso interagisce.
A livello antropologico assistiamo ad una relativizzazione del concetto stesso di uomo, che smette di essere il prodotto di una creazione divina, naturale, casuale, necessaria o che dir si voglia, e diventa creatore di se stesso. Il genere stesso diviene scelta arbitraria. A livello sociale, l’essere umano è vicino a tutto, lontano da tutti. I mezzi di comunicazione dell’odierna società hanno reso istantaneo il contatto tra un azionista di New York ed un collega di Hong Kong, ma distanti e innaturali le relazioni costruite e sviluppate sui socialnetwork, tramiti indispensabili ad individui ormai incapaci di relazionarsi col mondo, sintomo non ancora diagnosticato a nessuna razza animale. Tutto il resto è conseguenza di quanto detto sopra. Sì perché, svuotato l’uomo della sua essenza antropologica e dell’autenticità delle sue relazioni sociali, tutti i livelli e gli ambiti della società risentono di quella che possiamo definire una “disumanizzazione” dell’uomo stesso, della società dunque, della politica proseguendo, del Potere concludendo. E che conclusione! Perché nel momento in cui ad essere privo di umanità è il Potere, la società che esso controlla non può che rispecchiare la dimensione del governante.
Da qui arriviamo alle crisi politiche, con l’assenza della percezione del bene comune; alle crisi economiche, con la mancata esistenza del senso del limite e l’errata convinzione che la merce pesi più dell’uomo; la crisi della società, mercificata ed economicizzata, priva di solidarietà, tollerante sui generis ma intollerante con chiunque invada i proprio interessi; la crisi infine, per tornare al punto di partenza, dell’essere umano in quanto svuotato della sua essenza e della sua umanità. Un mondo senza eroi, senza valori non mercificati, dove l’ultimo gesto eroico risale alla rinuncia di Benedetto XVI che, vestito d’oro dalla testa ai piedi e governatore di 2 miliardi di uomini, ha lasciato tutto perché così doveva essere. Ma la speranza è dietro l’angolo: tutte le società muoiono, prima o poi, e questo nostro tempo non farà eccezione.
Il livello di strumentalizzazione politica della sinistra italiana ha raggiunto picchi verso il basso così talmente gravi da fare indurre a una riflessione sul livello di ignoranza giovanile, intesa come disinformazione storica, nei confronti della Politica internazionale. Premettendo che ognuno è libero di pensare e manifestare per qualunque causa si ritenga giusta, occorre avere sott’occhio due cenni storici dell’origine della terra contesa sin dalla notte dei tempi. Una interessante spiegazione sulla città di Gaza della Prof.ssa Daniela Santus, docente del dipartimento di letteratura e lingue straniere e Cultura Moderna, dell’Università di Torino, afferma che Gaza non nasce come città palestinese o islamica. Da un punto di vista storico sappiamo che il Faraone Thutmose III, alla guida delle sue truppe, nel 1457 a.C., proprio a Gaza, sceglie di celebrare il ventitreesimo anniversario della sua ascesa al trono. L’islam nascerà quasi 2100 anni dopo che Gaza aveva ospitato i festeggi
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