Perché l'opinione pubblica americana ed europea si preoccupa solo della libertà delle donne iraniane e non si è fatto nulla mesi fa quando i Talebani hanno negato la libertà delle donne afgane.
Le femministe si stanno mobilitando in tutto il mondo solo per le donne iraniane Donne e bambine velate, segregate e ridotte in schiavitù dai loro padri e mariti nelle nostre civili città, passano inosservate, la stessa nostra Alessia, arrestata in Iran, non solleva sdegno, e nessuno per il momento muove un dito. Si è nelle mani della diplomazia. Ma se saranno contestati reati pesanti, la giovane italiana rimarrà in carcere.
In questi ultimi mesi la crisi umanitaria afghana è stata dimenticata: la grande attenzione mediatica di agosto sull’Afghanistan è venuta meno, la comunità internazionale – che aveva preso l’impegno di continuare a sostenere e vigilare sui i diritti delle donne – si è concentrata esclusivamente sul conflitto ucraino, la crisi umanitaria è stata trascurata e si susseguono restrizioni che hanno riportato la popolazione alla situazione esistente nel primo emirato.
I talebani, inizialmente preoccupati del riconoscimento internazionale, avevano fatto promesse di inclusione e moderazione, rassicurando di essere diversi dal passato, ma a riflettori spenti hanno cominciato a rendere sempre più rigide le restrizioni e alla fine è arrivato anche l’obbligo di indossare in pubblico il burqa, che riporta indietro soprattutto la condizione femminile afghana. Attualmente le donne afghane sono private del diritto allo studio, del lavoro, della libertà di esistere. L’Occidente ha la responsabilità politica della tragedia in atto, in cui, oltre alla negazione dei diritti della persona, la popolazione è alla fame, in parte a causa dell’embargo e della fuga in massa di ONG e donatori internazionali.
Nell’Afghanistan dei talebani, oggi come ieri, alle donne è negato ogni diritto: è vietato lavorare, andare a scuola, viaggiare da sole, praticare qualsiasi attività sportiva, essere visitate da medici maschi, frequentare parchi e bagni pubblici, usare cosmetici, portare i tacchi alti, intrattenersi con uomini non mahram (parenti stretti), farsi fotografare, guardare la televisione, ascoltare musica ed altro ancora. Ora, come negli anni novanta, quando il Mullah Omar impose il burqa, si è materializzato di nuovo questo simbolo, che sancisce la continuità con il primo emirato e il dramma delle afghane. Le donne tornano a casa prigioniere della famiglia, la nuova regola chiama i loro parenti stretti a far rispettare l’obbligo; padri, mariti, figli maschi dovranno essere i controllori e ne dovranno rispondere in prima persona con severe sanzioni.
Perché si ha la sensazione di voler indirizzare la mobilitazione dell'opinione pubblica solo da una parte?
Quali sono i meccanismi che determinano eventualmente questa sensibilizzazione a senso unico. E quali sono gli interessi?
Anche in Turchia, in Yemen, in molti Stati Africani le condizioni della donna sono sfavorevoli. Ma perché oggi prima l'Iran? Una chiave di volta può essere allargare il campo di battaglia di una ipotetica guerra internazionale...visto che siamo ad un passo?
Per la verità anche per l'Iran si fa pochissimo.
RispondiEliminaE se ci si muove un pochino di più, è perché l'Afganistan è perso, non possiamo più farci niente.
Mentre l'Iran potrebbe rivelarsi il gigante coi piedi d'argilla.
Comunque, se cadesse l'Iran, sarebbe la fine dell'islamismo mondiale.
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